Le emozioni rivestono un ruolo fondamentale nella nostra vita quotidiana e nelle nostre relazioni sociali. Per questo sono tema di grande attualità. In un crescendo temporale le emozioni sono diventate strumento dominante per persuadere e catturare l’attenzione e il consenso di pubblici che appaiono progressivamente più disorientati e sovrastati da eccessi di stimoli. La pandemia ha accelerato ulteriormente la diffusione mediatica di informazioni che hanno coinvolto soggetti progressivamente più permeabili e fragili in un intensificarsi emotivo.
Mai come in questo momento assistiamo a una esibizione mediatica di vissuti emotivi per ottenere visibilità, pubblico e follower. Trasmissioni e dibattiti televisivi, talent e reality show mettono in scena arroganza, intimità e indiscrezioni, che vengono scambiati per vissuto reale anziché rappresentazione mediatica.
A questo si aggiunge il potere degli algoritmi online, che ci fanno vedere solo le cose che ci piacciono, oscurando il resto. Si basano su un preciso modello di business che è quello di tenere l’utente il più possibile incollato alla piattaforma, stimolando emozioni ed engagement attraverso contenuti selezionati su misura. Ecco perché, online, complottismi e teorie “no vax” funzionano meglio dei fatti.
Emotional sharing
Con i digital media l’urgenza e la velocità della comunicazione amplificano la risposta emozionale. Nei social media il meccanismo dell’emozione è immediato e polarizzato: ciò che accade è che spesso non maturano i momenti successivi e la reazione si ferma alla risposta emozionale. Le “reaction” sono per definizione immediate, emotive, non razionali e schierate da una parte.
Le emozioni che si esprimono e si condividono possono influire sugli stati emotivi di altri utenti: vedendo un contenuto fortemente connotato emotivamente, possiamo modificare il nostro umore orientandolo inconsapevolmente nello stesso verso.
Sempre più polarizzata, la narrazione social è orientata all’emotional sharing e costruita quindi sull’impatto emotivo, con l’unico obiettivo di generare consenso e condivisione.
Emozioni negative come rabbia, disgusto, paura sono dilaganti. Oggi l’hate speech, ovvero tutte le espressioni d’intolleranza rivolte contro minoranze, è un fenomeno sempre più diffuso online, che trova spazio nell’anonimato (che ha effetti disinibenti) e in una grammatica dove le emozioni si sostituiscono alle idee.
Fare leva sulle emozioni
Non è certo una novità il fatto che sia non solo opportuno, ma addirittura indispensabile agire anche sulla leva emozionale per proporre qualsiasi idea. O per incentivare a prendere qualsiasi decisione (e anche per vendere cose). Del resto, già un paio di millenni prima che il marketing stesso venisse inventato, Cicerone affermava che il bravo oratore, per orientare il pubblico e persuaderlo, dev’essere capace non solo di spiegare, ma anche di intrattenere e di coinvolgere emotivamente.
Ma quando il potere mediatico sulle emozioni sembra imperare è opportuno prendere una piccola pausa, fare una riflessione e osservare con più attenzione perché è evidente la necessità di lavorare sulla nostra intelligenza emotiva, sulla competenza comunicativa e sull’agire consapevole.
Cosa sono le emozioni
Le emozioni svolgono un ruolo fondamentale nella vita di tutti i giorni, riflettendo l’attuale stato fisico e mentale di ciascuno di noi e influenzando in modo significativo la cognizione, la comunicazione e il processo decisionale.
La parola “emozione” deriva dal latino emotus, participio passato del verbo emovere che significa “portare fuori”, “muovere verso l’esterno”. L’emozione è una reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo esterno. Chiunque può averne esperienza diretta.
Le emozioni inducono modificazioni a tre livelli: 1) fisico-fisiologico (aumento o diminuzione del respiro, della pressione arteriosa, del battito cardiaco, della tensione muscolare, delle secrezioni); 2) comportamentale (attacco, fuga, panico, “blocco”, variazioni della postura, della mimica facciale e della voce); 3) mentale-psicologico, (riduzione dell’autocontrollo, minor capacità critica, coinvolgimento, esperienza soggettiva cosciente).
Le emozioni provocano dunque modificazioni che influenzano, a loro volta, il pensiero e il comportamento della persona. Le emozioni sono un aspetto chiave delle interazioni sociali, in quanto influenzano il comportamento e modellano le relazioni.
Emozioni e sopravvivenza
Tutte le emozioni si sono evolute in quanto favoriscono la sopravvivenza. Lo fanno producendo una risposta-comportamento adatta a situazioni (stimoli) importanti per la vita e la riproduzione dell’individuo, e predisponendo il corpo a fornire quella risposta nella maniera più efficiente. Possiamo dire che le emozioni hanno permesso l’evoluzione, fino alla comparsa della neocorteccia cerebrale, che è la sede della mente razionale.
Alcune associazioni stimolo-risposta sono innate, impresse geneticamente dentro di noi: essenzialmente le risposte di paura (blocco, evitamento, fuga, panico). Di segno opposto, ma ugualmente innata, è la risposta di accudimento evocata dai segnali di sofferenza di un bambino o di un cucciolo. Altre associazioni stimolo-risposta sono invece apprese e modellate dall’esperienza personale: ad esempio la nostra risposta emotiva ai cani sarà probabilmente diversa a seconda che, il primo cane che vediamo, morda o manifesti affettuosità.
Le neuroscienze
Gli studi sulle emozioni tornano con prepotenza sulla scena con le neuroscienze. Alla base di questi studi c’è la scoperta che i sistemi cerebrali umani, collegati alle emozioni, giocano un ruolo fondamentale e spesso inconscio durante le decisioni che produciamo ogni giorno. Le teorie neuroscientifiche relative all’emozione prendono le mosse da diversi studi del secolo scorso che hanno formulato la teoria del cervello tripartito: rettile, limbico e neocorteccia.
Paul Donald MacLean nel 1972 descrive la presenza di tre diversi cervelli all’interno della nostra scatola cranica: un cervello rettile (quello più antico, responsabile del 95% delle nostre funzioni vitali pur occupando uno spazio molto esiguo, circa il 5% della massa cerebrale complessiva), il cervello limbico (quello che si sarebbe sviluppato più tardi, responsabile dei processi emotivi) e la neocorteccia (la parte di sviluppo più recente, in termini evoluzionistici, responsabile di ragionamenti e di tutto quello che riguarda la logica).
Siamo macchine emotive
Antonio Damasio, neuroscienziato portoghese, nell’Errore di Cartesio, sostiene che non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano.
L’idea di una razionalità pura, non influenzata dalle emozioni e dagli stati soggettivi di coscienza, non ha riscontro nella realtà. L’emozione viene prima della coscienza nella storia evolutiva, ma è vero che effetti più durevoli dei sentimenti hanno bisogno della mente cosciente. Le conseguenze dell’emozione e del sentimento umano sono imperniate sulla coscienza.
Spesso la credenza comune vede l’emozione come in contrapposizione dicotomica alla cognizione: tuttavia dagli anni Cinquanta la maggior parte degli approcci teorici alle emozioni evidenziano come la cognizione sia interdipendente e parte stessa del processo emotivo. La dimensione cognitiva delle emozioni è il nucleo principale della teoria di Damasio. La ragione umana dipende dal funzionamento cooperante di vari sistemi cerebrali che operano in sinergia attraverso molti livelli di organizzazione neuronica; non esiste dunque un unico centro di elaborazione ma il lavoro combinato e contemporaneo dei vari stati cerebrali.
Emozioni e apparato cognitivo
Il nesso tra emozioni e apparato cognitivo risale addirittura a Platone e al mito dell’Auriga, che ne restituisce una rappresentazione emblematica: l’anima è composta da tre elementi e paragonata a una biga trainata da due cavalli.
Questa tripartizione dell’anima simboleggiata nel Fedro è una biga alata, il cui auriga (la ragione) guida i due cavalli, uno bianco di razza generosa (l’anima irascibile), l’altro nero di razza inferiore (l’anima concupiscibile).
L’auriga rappresenta l’elemento razionale, mentre i cavalli quelli irrazionali. Secondo Platone la nostra anima è costituita sia da elementi razionali che irrazionali. Il compito dell’auriga è dunque quello di conoscere i due cavalli e di educarli.
Emozioni e azioni
Reagiamo agli stati emotivi con le nostre azioni. Le nostre reazioni alla stessa emozione possono variare a seconda delle circostanze.
Il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti ha pubblicato recentemente con Feltrinelli due libri sulle emozioni, uno per gli adulti Il libro delle emozioni e uno per i ragazzi Che tempesta! 50 emozioni raccontate ai ragazzi. La ragione che sta alla base di questi due testi è spiegata dallo stesso autore nel fatto che “l’età della tecnica” in cui viviamo ci ha ridotto a degli analfabeti emotivi. E le nuove tecnologie ci conducono a una progressiva infantilizzazione, dove il telefonino fa le veci del vecchio orsetto di pelouche dal quale non ci separiamo mai. In particolare, negli adolescenti «le emozioni e i sentimenti prevalgono sull’ordine razionale nel guidare nel bene e nel male la loro esistenza» (pag. 19).
I media digitali che facilitano la divulgazione di informazioni, emozioni e sentimenti, in realtà, secondo il filosofo, ci rendono impossibile «distinguere tra realtà e apparenza perché, per effetto della mediazione tecnica, il mondo è diventato “rappresentazione”, ciascuno forma il proprio mondo a partire dalle immagini del mondo di cui tutti siamo ugualmente e inesorabilmente riforniti». Le nostre emozioni e i nostri sentimenti sono così mediati da internet che ci porta costantemente in un mondo indiscreto e invadente che ci fa partecipi «a tutte le modulazioni della vita con la velocità e la facilità della pressione digitale» (pag 117-118).
L’atlante delle emozioni
Cinque anni fa il Dalai Lama insieme a Paul Ekman, psicologo e uno dei principali ricercatori sulle emozioni, hanno strutturato l’ Atlante delle Emozioni, una piattaforma che aiuta ad acquisire consapevolezza delle nostre emozioni: capire come vengono innescate, come ci attivano fisiologicamente e come reagiamo. Il lavoro conclusivo è davvero pregevole, graficamente accessibile e coinvolgente. Può costituire un valido spunto anche per comunicatori e formatori che lavorano sulle emozioni.
L’ Atlas of Emotions, è stato costruito sotto forma di mappa proprio per permettere alle persone di orientarsi in tutte le fasi temporali che riguardano le diverse esperienze emotive che siamo in grado di vivere e per permettere così di assumerne consapevolezza. Una consapevolezza che aiuta chi l’acquisisce a ragionare più lucidamente e a scegliere una risposta che si adatti meglio agli obiettivi che si intende raggiungere.
La consapevolezza stessa è una strategia, ci aiuta a comprendere le esperienze emotive. Non vogliamo liberarci delle nostre emozioni, vogliamo strategie che ci aiutino a reagire in modo utile e costruttivo.
Il testo tratto dal sito, rispecchia il pensiero del Dalai Lama che dice che per avere una mente calma abbiamo bisogno di una mappa delle nostre emozioni che ci permetta di vedere la realtà.
E per finire…
Il tema è complesso e scorciatoie non ce ne sono. La formazione e lo sviluppo della consapevolezza delle emozioni per bambini, adolescenti e adulti è di primaria importanza. Avere delle mappe mentali e degli esempi che ci possano orientare e aiutare per trovare le corrette vie d’uscita può essere molto utile.
Per marketer, comunicatori, giornalisti e influencer devono essere chiare le responsabilità e le implicazioni etiche e sociali di un uso indiscriminato di leve emotive per attrarre i propri pubblici. Serve educazione alle emozioni e saper prendersi cura di chi vive condizioni emotive più fragili.
Serve anche uno sforzo collettivo verso un’informazione costruttiva e non distruttiva. Un’informazione che sappia stimolare emozioni positive e conseguenti azioni rivolte al bene comune e alla collettività. Non sono nemica delle emozioni negative e credo siano porte che ci aprono alla conoscenza di noi stessi, ma avere un contesto mediatico che costantemente ci bombarda per stimolare stati emotivi di paura, insicurezza, ansia, disgusto, odio, vergogna, disprezzo, tristezza, non ci aiuta a migliorare noi stessi e tantomeno la nostra comunità.
All’alba di questo 2022 sento la necessità di rivalutare quelle emozioni positive che sembrano diventate fuori moda e di trattarle con molto rispetto.
Uno dei momenti più potenti del bellissimo film Don’t Look Up di Adam McKay arriva nella scena finale quando il personaggio di Leonardo DiCaprio, il dottor Randall, trascorre a tavola assieme agli amici e alle persone più care gli ultimi momenti sulla Terra prima della distruzione e dice: “the fact is…we really did have everything, didn’t we?” (“Il fatto è… che noi avevamo veramente tutto, se ci pensate”).
Prenderci cura del nostro mondo e della nostra comunità e non distruggere ciò che abbiamo è quello che dovrebbe muovere le nostre emozioni per il prossimo futuro per trasformarle in azioni personali e collettive verso la costruzione del domani.
Maria Pia Favaretto
Approfondimenti
- Dalai Lama, Ekman, P. Felicità emotiva, Milano, Sperling & Kupfer, 2014.
- Damasio, A. L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Milano, Adelphi, 1995 (18sima edizione).
- Galimberti, U. Il libro delle emozioni, Milano, Feltrinelli Editore, 2021.
- Goleman, D. Intelligenza emotiva, Milano, RCS libri, 1995.
- Platone, Fedro, Milano, Oscar Mondadori, 2018.
Crediti fotografici
Foto di Stefan Keller (Kellepics) da Pixabay.